Amy Adams ilaria rebecchi sei magazine intervista cover story vicenza veneto venezia

La storia di Amy Adams: quella volta che a Vicenza nacque una stella

Amy Adams, l’attrice hollywoodiana nata a Vicenza, nella cover story di SEI magazine.
5 nomination agli Oscar: «Adoro l’Italia, ma non chiamatemi star!»


Oggi, in edicola con Il Giornale di Vicenza, L’Arena e BresciaOggi, è uscito il nuovo numero di SEI magazine, periodico per il quale collaboro già da diversi anni (qui la mia storia di copertina sul grande Roberto Bolle).
Per questo numero che apre la primavera 2017, la cover story che ho realizzato racconta la storia, i successi e le confessioni di un’attrice hollywoodiana tra le più amate e premiate degli ultimi anni.
Lei, Amy Adams, è nata nella mia città, Vicenza, e ha vissuto tra il capoluogo berico e la base di Aviano in Friuli Venezia Giulia per i primi anni della sua vita, per poi trasferirsi negli Stati Uniti e iniziare la sua carriera nel mondo dello showbiz, prima come ballerina e poi al cinema.

Amy Adams è una forza della natura, diretta dai migliori registi contemporanei e protagonista delle pellicole di maggior successo degli ultimi anni.
Tanti film e tanti successi per la splendida Amy Adams: da “Il dubbio” a “Julie & Julia” con Meryl Streep, che proprio di recente l’ha citata come esempio di artista americana nata all’estero, nell’applaudito discorso di ricevimento del Golden Globe alla carriera ad inizio 2017. Fino ai più recenti “American Hustle“, “Arrival” e “Nocturnal Animals“, Leone d’Argento al Festival di Venezia di settembre 2016.

Amy Adams è un’attrice di immenso talento che vive un momento di popolarità sia per i nuovi film di cui è protagonista, sia per avere recentemente impresso le sue impronte nella “Walk of Fame” a Hollywood. Come i grandi.
Ma guai a chiamarla “star”: «Quando arrivo in hotel e scendo dall’auto con capelli arruffati e pullover largo, la gente si chiede se sia proprio io la “star”»
Un’anti-diva, allora, che pare non amare nemmeno il mondo del web e dei social network: «Per me i social non rappresentano una connessione reale, e non affiderei i miei account ad un responsabile di comunicazione perché ho il terrore di essere incompresa o che le mie parole siano usate fuori contesto». E dichiara di non voler nemmeno divulgare le sue idee su Twitter, perché «se non puoi guardarmi negli occhi, tutto quello che dico può diventare una bugia»

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